Venerdì 8 agosto 2008 – Liverpool
Circa un'ora di auto da Lancaster, dove siamo alloggiati.
Circa un'ora di auto per andare a vedere là dove tutto è cominciato.
Arrivati nei sobborghi di Liverpool attraversiamo una lunga e dura periferia. E' una suggestione, lo so, ma sembra di sentire e di vedere ancora la polvere di carbone che ha annerito i rossi mattoni di quelle case di operai e di poveri.
Attraversata questa zona dei dannati arriviamo in centro.
Cerchiamo un parcheggio a pagamento, lo troviamo (carissimo).
Scendiamo ascensori, porte, ci ritroviamo in un cortile elegante arredato di locali dai nomi italiani “Mammamia's pizza. Real american way pizza and panzerotti ”. Qualcosa non torna ma meglio lasciar perdere.
Pochi passi, un paio di strade da attraversare, un autobus con destinazione “Penny Lane”, (un sogno?) e guidati da un negozio di Armani ci troviamo in Mathew Street.
Beatles ovunque. John Lennon Pub, George Harrison che sorride pubblicizzando una birra sul vetro di un pub, Paul e Ringo sui muri ad indicare locali, luoghi. Tutte le cianfrusaglie del turismo di massa. Me l'aspettavo. Però c'è qualcosa di speciale nell'aria. Il posto ha una sua magia. Ce l'ha realmente per quanto abbiano fatto il possibile per renderlo volgare e seriale come milioni di luoghi nel mondo. Cammino con senso di irrealtà lungo la via. Arriviamo al Cavern, quello originale distrutto da un incendio. Lo segnala una bella foto in bianco e nero a dimensione reale della porta d'ingresso. Ora, dove una volta si trovava il locale dove suonavano i four lads che hanno cambiato la storia della musica, una piazzetta anonima di una galleria sotterranea di dozzinali negozi di souvenirs. Nel mezzo quattro loro brutte statue. Squallido.
Ritorniamo in strada, il “Wall of Fame”: un muro solo di mattoni con il nome di grandi musicisti. Leggo i nomi, l'emozione cresce, vederli lì a centinaia uno sull'altro è molto suggestivo. Uno sull'altro John, Paul, Ringo, George, Jimi Hendrix, David Gilmour, Mick Jagger, Keith Richards, Queen, Ian Paice, Elton John, Eric Clapton, centinaia, migliaia, di mattoni, centinaia, migliaia, di nomi di rockers celeberrimi e di quelli dimenticati.
In un angolo della strada appoggiato con naturalezza ad un muro, nel suo giubbotto di pelle John Lennon mi guarda sorridendo ed un po' misterioso. Faccio un po' di coda per toccarlo e l'immancabile foto di rito, molto medio-man, ma come rinunciare?Vorrei non ci fosse nessuno. Vorrei dirgli “ Hai un bel sorriso e te ne sei sempre rimasto qui nella tua città, con i tuoi amici. Un ragazzo semplice che amava la musica americana e suonava in quella cantina calda e piena di fumo e birra e ragazze. Non era vero niente, nessuno che ti abbia sparato, sei sempre rimasto qui “where it all started".
Mi sono commosso.
Sono rimasto a lungo a percorrere in su e in giù la breve Mathew Street, a respirarne l'aria.
Me ne sono andato infine con un'immensa gioia ed un groppo alla gola.