Un film di Jessica Hausner. Con Sylvie Testud, Léa Seydoux, Bruno Todeschini, Elina Löwensohn, Elina Lowensohn.
Katharina Flicker, Linde Prelog, Heidi Baratta, Jacky Pratoussy, Walter Benn, Hubert Kramar, Helga Illich, Thomas Uhlir, Irma Wagner, Gilette Barbier, Gerhard Liebmann
Drammatico, durata 99 min. - Austria, Francia, Germania 2009.
Trama: Christine la protagonista vive da anni costretta dalla malattia su una sedia a rotelle. Ha deciso di andare a Lourdes nella speranza di guarire. Il viaggio della speranza non risulta vano ed improvvisamente lei riacquista la mobilità e guarisce. Passano i giorni, e la sua vita si riempie di speranza, di gioia, si innamora vede dinanzi a sé una vita normale. Poi però, come in una storia scritta male, la malattia si ripresenta implacabile.
La trama in sé è molto semplice e lineare e verrebbe da dire scontata non fosse che la storia altro non è se non la scusa per fare noi tutti delle riflessioni.
Dovessi accostare un’immagine a questo film mi verrebbe in mente un bicchiere d’acqua pieno a metà e l’eterna domanda: è mezzo pieno o mezzo vuoto?
I fotogrammi del film, rigorosi ed austeri, raccontano attraverso inquadrature minimaliste di una moltitudine di disperazione e dolore, di una catena di montaggio della fede, dell’ industrializzazione del dolore, di un miracolificio che opera a ciclo continuo 24 ore al giorno. Un universo di business della fede e della religione.
Le immagini raccontano anche la speranza delle persone. E mi è venuto da chiedermi se la speranza, anche mal riposta, anche ingannevole (ma chi lo può dire in fondo) sia poi così poco?
E non è però crudele illudere? Dare e togliere?
Un personaggio di contorno nel film chiede al prete che accompagna il gruppo di pellegrini:
“Ma Dio è buono o è onnipotente? Perchè se fosse entrambe le cose questo mare di malati disperati li guarirebbe tutti.”
Il prete risponde che Dio è misterioso e che noi siamo in grado di misurare solo i miracoli che producono effetti sul corpo, di altri miracoli, delle guarigioni dell’anima non possiamo dire. Forse non possiamo dire perché ha ragione l’uomo di fede o forse non possiamo dire perché non ci sono le guarigioni.
Sempre quest’immagine del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, che però non deve indurre nell’errore di pensare che la regista non prenda posizione.
In realtà lo fa imboccando la strada della comprensione delle varie opinioni ed impegnandosi ad offrire la possibilità agli atei di chiedersi se non sia un miracolo aver donato per un tempo limitato la felicità ad una persona senza speranza, e ai credenti se non sia crudele dare speranza, per poi toglierla, ingannando una persona disperata.
Dare per una volta la possibilità di scambiarsi reciprocamente i propri punti di vista non è poco, è qualcosa che arricchisce e non è cosa da tutti i film.
Katharina Flicker, Linde Prelog, Heidi Baratta, Jacky Pratoussy, Walter Benn, Hubert Kramar, Helga Illich, Thomas Uhlir, Irma Wagner, Gilette Barbier, Gerhard Liebmann
Drammatico, durata 99 min. - Austria, Francia, Germania 2009.
Trama: Christine la protagonista vive da anni costretta dalla malattia su una sedia a rotelle. Ha deciso di andare a Lourdes nella speranza di guarire. Il viaggio della speranza non risulta vano ed improvvisamente lei riacquista la mobilità e guarisce. Passano i giorni, e la sua vita si riempie di speranza, di gioia, si innamora vede dinanzi a sé una vita normale. Poi però, come in una storia scritta male, la malattia si ripresenta implacabile.
La trama in sé è molto semplice e lineare e verrebbe da dire scontata non fosse che la storia altro non è se non la scusa per fare noi tutti delle riflessioni.
Dovessi accostare un’immagine a questo film mi verrebbe in mente un bicchiere d’acqua pieno a metà e l’eterna domanda: è mezzo pieno o mezzo vuoto?
I fotogrammi del film, rigorosi ed austeri, raccontano attraverso inquadrature minimaliste di una moltitudine di disperazione e dolore, di una catena di montaggio della fede, dell’ industrializzazione del dolore, di un miracolificio che opera a ciclo continuo 24 ore al giorno. Un universo di business della fede e della religione.
Le immagini raccontano anche la speranza delle persone. E mi è venuto da chiedermi se la speranza, anche mal riposta, anche ingannevole (ma chi lo può dire in fondo) sia poi così poco?
E non è però crudele illudere? Dare e togliere?
Un personaggio di contorno nel film chiede al prete che accompagna il gruppo di pellegrini:
“Ma Dio è buono o è onnipotente? Perchè se fosse entrambe le cose questo mare di malati disperati li guarirebbe tutti.”
Il prete risponde che Dio è misterioso e che noi siamo in grado di misurare solo i miracoli che producono effetti sul corpo, di altri miracoli, delle guarigioni dell’anima non possiamo dire. Forse non possiamo dire perché ha ragione l’uomo di fede o forse non possiamo dire perché non ci sono le guarigioni.
Sempre quest’immagine del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, che però non deve indurre nell’errore di pensare che la regista non prenda posizione.
In realtà lo fa imboccando la strada della comprensione delle varie opinioni ed impegnandosi ad offrire la possibilità agli atei di chiedersi se non sia un miracolo aver donato per un tempo limitato la felicità ad una persona senza speranza, e ai credenti se non sia crudele dare speranza, per poi toglierla, ingannando una persona disperata.
Dare per una volta la possibilità di scambiarsi reciprocamente i propri punti di vista non è poco, è qualcosa che arricchisce e non è cosa da tutti i film.
5 commenti:
Vedi non vedere bene i trailers.... io pensavo fosse un film più commemorativo e religioso invece non sembra essere così. Mi informerò meglio.
Direi che non è un film religioso o ideologico, parlerei di un film sulle persone.
gnam gnam gnam mi hai fatto venire voglia di vederlo, thanks!
...è una delle prossime visioni in programma...
-la metà femminile dell'orecchio-
Sì, non prendere una posizione netta su queste cose è raro e meritorio (io ammetto che non ci riuscirei, e che avrei fatto un film grottesco e tutto "contro"). Odio la superstizione e le false speranze, ma poi mi viene da pensare a un'amica di mio padre devastata dalla sclerosi multipla, e che riesce a tirare avanti solo grazie al conforto e all'illusione della religio. Aprirle gli occhi? Anche a patto di riuscirci, forse dopo averlo fatto mi sentirei un verme.
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