12 giu 2018

Vomitevole e vigliacco

Vomitevole e vigliacco il governo italiano tutto e nella persona del one man band salvini. Si sa i vigliacchi son forti con i deboli, con gli ultimi della terra e non si fanno scrupolo di calpestarli. Violenza e muscoli con chi non si può difendere, per quattro voti scippati con la propaganda e a buon mercato a un popolo che pensa di essere davanti alla tv in un tragico Truman Show. Vomitevole per la furbizia da bar, da gioco delle tre carte.
Vomitevole che per una grattata ruffiana al basso ventre ci si venda testa e coscienza al più becero razzismo convicendosi che in fondo anche mangiar merda sia buono.

6 set 2017

L'informazione sguaiata e lo Ius soli

Sbarcano dal gommone divengono italiani. 


Ecco questa è la vulgata che i mezzi di informazione per sguaiatezza, o per dolo, nella grande maggioranza hanno fatto passare.
In realtà lo Ius Soli in modo intelligente prevederebbe la cittadinanza per i figli di immigrati nati in Italia e che abbiano frequentato le scuole italiane.
Semplice, intelligente, economico, civile, democratico.
Ma per il popolo bue questa legge è inaccettabile, e allora diamo ragione ai salvini, ai grillini,ai giornalacci alla sallusti e belpietro, formiamo i ragazzi nelle nostre scuole, sosteniamone i costi e poi lasciamo che la germania dia loro la cittadinanza ed incassi l'assegno.

5 set 2017

Vaccini e libertà

La Regione Veneto ha posto in essere una moratoria di un anno prima di rendere obbligatorie le vaccinazioni nelle scuole, solleticando così il ventre osceno dei no vax.
Si dice sia un atto di violenza imporre ai genitori la vaccinazione dei figli.
Si dovrebbe invece avere il coraggio di imporre multe pesantissime, e non i 500 euro della leggina italiana, a chi non li vaccina ed inibirne l'accesso alla scuola dell'obbligo e a tutti gli spazi sociali.
Con i no vax e con tutta la subcultura delle medicine alternative, delle paranoie, dei complotti, delle multinazionali delle farmaco,  nessuna discussione che non si può e non si deve nemmeno confrontarsi con persone che hanno il massimo spregio della vita in comune e della vita degli altri; questa gente non merita di essere presa in considerazione perchè mancano loro le fondamenta civili minime.
Qui si confonde la scienza con un certo relativismo democratico comunque degenere.
Che la terra sia rotonda non è un'opinione ma un fatto, e chi sostiene che invece sia piatta non esprime un'opinione ma molto semplicemente una stronzata.
Quanto alle multinazionali del farmaco, apro parentesi per ammirare la pochezza di questi oppositori alternativi, pochezza non solo culturale ma anche di intelligenza in una qualche primitiva forma, è ovvio anche al mio cane che il diretto interesse economico di "Big Pharma" non sia la vendita di vaccini, ma anzi la cura delle malattie che la mancanza di vaccini scatenerebbe.
Infine, che il comportamento di questi moderni parassiti comporti per persone deboli l'impossibilità all'accesso dei servizi pubblici e dell'interagire sociale senza rischio della vita, è proprio al di là della possibilità di comprensione dell'unico neurone bacato che si ritrovano.


12 lug 2017

Suicidio all'italiana

Il suicidio dello stato, il suicidio di un sistema, la storia che siamo pronti e condannati a rivivere. Dopo aver letto la lettera denuncia di Massimo Piermattei (che di seguito copio e incollo per intero) e dopo aver letto della spiaggia di Punta Canna (link) e ancora di più dopo aver ascoltato le parole di alcuni avventori della stessa, ho pensato che i due fatti fossero collegati.

Massimo Piermattei, un ricercatore precario che dopo anni di studio e sfruttamento si mette a vendere pezzi di ricambio di automobili per campare e poi una spiaggia gestita da un fascista e le opinioni degli avventori che dicono che poi insomma durante il fascismo non c'erano venditori ambulanti, nè spacciatori di droga (beata ignoranza), che l'ordine regnava sovrano; a ben guardare sono due facce della medesima medaglia. Raccontano di un'Italia che non tiene il passo, timorosa, ignorante, nostalgica di un passato che in realtà fu ancora più misero del triste presente.

Due fatti, due piccole storie queste riportate dai giornali in versione estiva, che mi fanno presagire il suicidio prossimo venturo di questo paese, una brutta impressione, due piccoli brutti segni.


Ciao, sono Massimo. Ero uno storico dell'Integrazione europea, ho 39 anni e ho deciso di smettere con l'Università. Se partecipassi a un gruppo di auto-aiuto, inizierei così. Ma è solo la mia storia. La racconto, sì, anche a scopo terapeutico. Per me stesso, o forse non solo. Ho iniziato a studiare Storia dell'integrazione europea all'università, e fu un colpo di fulmine. Dopo il dottorato ho iniziato a farmi le ossa: un periodo all'estero, un assegno di ricerca, i contratti. Da allora ho scritto due monografie e più di 25 saggi e articoli in italiano e inglese; ho partecipato a seminari e convegni portando in giro per il mondo il nome dell'università per cui lavoravo. Ma non è di questo che voglio parlare. In questi giorni ho trovato la forza di portare a termine un percorso travagliato in cui mi dibattevo da anni. Ho sempre rinviato, nella speranza che qualcosa cambiasse. Ma la svolta non c'è stata, e la scelta si è fatta improrogabile: restare o andar via?

Noi siamo diversi Chi prova a entrare nell'Accademia conosce già le sue regole, scritte e (soprattutto) non scritte. Perciò nessuno può dire: "Io non sapevo". Si accetta liberamente, sperando che i finali amari riguardino gli altri: perché noi siamo diversi, o perché il merito, alla lunga, viene fuori. È vero, il sistema sa sedurti con mille promesse: contratti, pubblicazioni, convegni. Gli anni passano, e quando la speranza inizia a vacillare, ti ripeti: basta ingoiare ancora un po'. E giù appelli, seminari, lezioni gratuite: così l'ordinario di turno appalta gran parte delle ore che gli spettano e per le quali, tra l'altro, è pagato. Lui, non tu.

La costante riduzione di fondi per l'Università, unita alla crescente chiusura del reclutamento, ha fatto sì che i professori ordinari abbiano visto crescere in modo esponenziale il loro potere. Sono come un imperatore che decide, con un gesto del pollice: tu sì, tu no. Certo, ci sono le "lotterie" dei bandi nazionali ed europei, ma siamo appunto nel mondo del gratta e vinci. Le tante riforme varate per premiare il merito hanno finito per danneggiare solo i più deboli. E anche quello sul merito è un ritornello stucchevole: la scarsità di soldi e di posti scatena la guerra tra chi è dentro e chi è fuori e, ancor peggio, tra poveri.

Maestri e orfani Di fatto, per entrare hai bisogno di un "maestro" che ti aiuti a costruire un curriculum spendibile e di un "tutore" che ti faccia passare i concorsi, o comunque ti garantisca posizioni e risorse: due figure che spesso coincidono. Le eccezioni ci sono, ma confermano la regola, e permettono al sistema di giustificarsi: "Vedete? È tutto trasparente". Se non li hai, un maestro e un tutore, sei orfano, e per gli orfani non c'è futuro. Magari qualcuno ti aiuterà per un po', ma finisce lì. E io, da un po' di tempo a questa parte, ero orfano. Circondato da sorrisi al motto "non aderire e non sabotare", che è poi, alla prova dei fatti, un sabotaggio. Ma pilatesco, perché manca il coraggio di dirti: "Per te non c'è posto, fai altro".

Cosa può fare un orfano testardo che voglia comunque provare a costruirsi una carriera? Si dibatte tra i contratti d'insegnamento e le collaborazioni. I primi, in cambio dell'opportunità di tenere un piede dentro e farti chiamare "professore", garantiscono pochi soldi in cambio di un'enorme mole di lavoro (l'ultimo che ho avuto era di 1.500 euro lordi per 60 ore di lezione e una decina di appelli d'esame). Le seconde, oltre a essere tassate in modo clamoroso, portano via tempo ed energie. A perderci, naturalmente, è la ricerca. Il bisogno di soldi spiega tra l'altro la figura del "marchettaro", il fenomeno per cui uno studioso precario scopre un improvviso interesse per un argomento di cui non gli importa nulla, ma se lo studia gli danno 500 o mille euro. Spesso mesi o anni dopo la consegna del lavoro. Il tutto in un contesto umiliante, in cui si aspetta mesi un appuntamento cruciale. E chi sta dall'altra parte finge di non sapere che un intoppo burocratico può avere per te conseguenze devastanti: "Ti avevo detto che l'assegno non sarà rinnovato?".

La retorica della fuga Conosco il ritornello: si può sempre partire, no? Comprendo bene le ragioni di chi lascia l'Italia per l'estero, ma su questo punto ha preso piede una retorica imbarazzante. È passata l'idea per cui se lavori fuori sei bravo; se hai scelto l'Italia sei, come minimo, complice del sistema. Non c'è spazio per l'ipotesi che tu sia rimasto perché non potevi espatriare o per provare a cambiare le cose. Invece sarebbe bello raccontare anche le storie di chi dedica tempo ed energie alle università italiane. Che, se continuano a popolare il mondo di eccellenze, forse così male non sono. Certo, direte: chi non riesce a entrare può sempre giocarsi le sue competenze fuori.

Peccato che i formulari degli uffici pubblici propongano sempre le stesse laconiche opzioni: diploma, laurea, altro. Ecco cos'è il dottorato di ricerca per il mondo del lavoro e per le istituzioni italiane: altro. Un pezzo di carta. Un errore di gioventù. E cosa succede al "giovane" studioso che a quasi 40 anni non ha ancora una prospettiva? Semplice: si trova a un bivio. Se insiste con la carriera, sa che una famiglia la costruirà, forse, molto più in là. Se privilegia la famiglia, le opportunità di lavoro si riducono drasticamente. I figli, poi, una catastrofe.

Quanti sacrifici hanno fatto mia moglie e i miei due bimbi perché io potessi ancora tentare. Chi si occupa di discipline umanistiche è un orfano tra gli orfani. Nel discorso pubblico, ormai da anni, vale solo la "tecnica", la ricerca "vera". E la Storia? Roba per perditempo. Lo studio del passato è scomodo perché mette a nudo il presente, e poi non è pop, non è fatto di anglicismi, slogan, formule. Lungi da me il denigrare la scienza: viva le macchine! Viva i laboratori! (Da qualche settimana, per vivere, vendo ricambi d'auto). Ma il nostro rifiuto della Storia è vergognoso.

E ciò che soprattutto rimane inaccettabile è lo spreco di risorse di un'intera generazione. Quante persone ho incontrato in dieci anni; quanti talenti. Quanta rabbia nel vederli appassire.Oggi sono uno di loro. Me ne vado per dignità. Non rinnego quel che ho fatto, perché mi ha fatto crescere come persona e come uomo. Non è una resa, ma un issare le vele per tornare in mare aperto. "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede". Smetto quando voglio.

7 lug 2017

La teoria gender del sindaco sboarina

Il nuovo sindaco di verona, cerca di far rimpiangere l'impossibile, e cioè il vecchio sindaco tosi.
Impresa immane che rischia di riuscirgli con la polemica artificiosa di voler ripulire le biblioteche comunali di tutti i libri che avvallino la teoria gender.
A parte il fatto che non esiste un complotto giudaicoplutomassonico del gender, ma si tratta solo di una trovata ideologica nata in ambito chiesa cattolica negli anni 90 per difendere posizioni altrimenti indifendibili con la creazione di un immaginario nemico, del tutto assimilabile ai protocolli dei Saggi di Sion; a parte questo come la mette il sindaco con altri libri? Come la mettiamo con Biancaneve che vive in compagnia di sette nani, come la mettiamo con Pinocchio nato da un ceppo e con un cazzo in piena faccia che si allunga e si accorcia alla bisogna?E paperino e paperina? E qui, quo, qua? E di chi sono figli di grazia?
Trovate sboarinate, che per ora fanno solo la gioia di forza nuova che sogna di bruciare qualche libro in piazza, in effetti se non si sa leggere o non si capisce quel che si legge giusto per pulirsi il...la faccia che si ritrovano o per attaccare il fuoco serve la carta

29 giu 2017

lo IUS SOLI spiegato da Ilham Mounssif

Nelle ultime settimane si è tanto parlato di IUS SOLI.
Ilham Mounssif, brillante studentessa 22enne di Bari Sardo (ma originaria del Marocco) e membro di Noi #italianisenzacittadinanza, tiene a fare chiarezza sull’argomento.

«Lo Ius Soli ( diritto del suolo) delinea un istituto giuridico per il quale chi nasce nel territorio di uno Stato ne è cittadino» spiega la studentessa sardo-marocchina «Negli ultimi tempi ha mandato in delirio milioni di italiani, chiamando ad esprimersi chiunque in merito, come fosse da decidere chi far vincere alla casa del Grande Fratello con un Si o No al televoto. Da quando siamo riusciti a far approdare in Senato il ddl 2092 che modifica le disposizioni in materia di cittadinanza, è scoppiato il caos più totale : articoli, talk show, tweet, post Facebook, foto del profilo pro o contro. Sembra l’Italia di 40 anni fa alle prese con la legge sul divorzio».

«Circolano troppe informazioni errate a riguardo, portando a conclusioni affrettate e giudizi inopportuni sulla riforma di cittadinanza» racconta Ilham «a partire proprio dall’espressione stessa. Per quanto immediato “ius soli” non è il giusto modo di chiamare questa riforma. Noi #italianisenzacittadinanza abbiamo chiesto che si usassero le giuste espressioni  (quali ius soli temperato, ius culturae o semplicemente riforma cittadinanza) ma il linguaggio mediatico ha deciso per noi, trascinando il dibattito nel vortice dei fraintendimenti. Infatti, la riforma alle disposizioni in materia di cittadinanza non prevede alcuno ius soli ma una sua forma temperata da rigidi criteri, proprio come nel resto d’Europa. Pertanto, smentiamo già una della grandi balle per cui « in Europa non esiste lo ius soli, non è il caso introdurlo da noi!». In Europa esiste lo ius soli temperato, e l’attuale riforma prevede proprio questo, né più né meno».

Ius soli temperato: di che si tratta? Diventeranno cittadini italiani alla nascita solo i bambini che nascono in Italia da genitori regolarmente residenti (almeno da 5 anni senza interruzioni) con permesso di soggiorno CE di lungo periodo (ex Carta di soggiorno) che si ottiene solo se si hanno precisi e numerosi requisiti. Con buona pace di chi sostiene la bufala dello “sbarco delle partorienti” ( per la quale “verranno tutti qui perché la cittadinanza sarà automatica”).

«Oltre allo ius soli temperato, la nuova legge introduce lo ius culturae per chi arriva in Italia entro il compimento dei 12 anni di età» afferma la giovane portavoce di #italianisenzacittadinanza «In questo caso prevede la frequenza di almeno un corso di studi in Italia (5 anni di scuola), con conclusione positiva. In entrambi i casi l’acquisizione della cittadinanza non è automatica, ma serve una richiesta inoltrata dal genitore (che deve avere una residenza legale), oppure dall’interessato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. Niente di scandaloso o fuori dal normale : quello che si chiede è una semplice integrazione alla normativa vigente che permetterà di “diventare” italiani a chi lo è già di fatto, in quanto nato e cresciuto qui in Italia».

«Si tratta di buon senso e civiltà, di togliere fuori dal “limbo sociale” migliaia di bambini e ragazzi figli di immigrati che sono parte integrante di questo paese, e non adulti o arrivi dell’ultim’ora».

«Un’altra grandiosa trovata propagandistica, grandiosa per la sua assurdità, é la fantomatica “sostituzione etnica” : gli italiani verrebbero sostituiti dai migranti dato che acquisire la cittadinanza nel nostro paese sarà facile ed automatico» conclude Ilham «Innanzitutto, i migranti non hanno nulla a che vedere con gli immigrati residenti da anni in Italia e in secondo luogo si tratta di numeri bassi, dati alla mano. Uno studio della Fondazione Moressa spiega infatti che nell’immediato, con l’introduzione dello ius soli temperato, potrebbero acquisire la cittadinanza italiana i figli di immigrati (con il famoso permesso di lungo periodo) nati in Italia dal 1998 che ad oggi sono circa 600mila. Con lo ius culturae, rientrerebbero nella riforma anche circa 178 mila alunni nati all’estero che abbiano già completato 5 anni di scuola in Italia. Considerando poi che i nati stranieri in Italia negli ultimi anni si sono attestati tra i 70 e gli 80 mila, si può prevedere il numero di beneficiari dei prossimi anni : mantenendo fissa la stima dei nati da genitori residenti da oltre 5 anni (65 per cento del totale), è possibile calcolare una quota di 45-50 mila potenziali nuovi italiani ogni anno per ius soli temperato e 10-12 mila bambini nati all’estero e iscritti a scuola. Numeri molto bassi per parlare di sostituzione etnica!».

Spesso abbiamo sentito sindacare sull’inutilità di questa legge (“A 18 anni si può fare richiesta di cittadinanza, per chi  è nato in Italia”). Ovviamente tanti non conoscono le difficoltà che si celano dietro questo apparente ‘automatismo’ : infatti, si deve dimostrare di aver risieduto “legalmente e ininterrottamente” in Italia per 18 anni, e nel frattempo, fino all’ottenimento della cittadinanza (cosa che può richiedere anche diversi anni), questi ragazzi non possono godere di alcuni diritti fondamentali come il diritto di voto, non possono partecipare ai concorsi pubblici o iscriversi ad alcuni albi professionali riservati ai cittadini italiani. «L’aspetto innovativo di questa riforma non é tanto lo ius soli temperato (che comunque tutelerà su molteplici fronti i bambini nati da genitori stranieri) ma lo ius culturae» ci racconta Ihlam «Insieme al movimento #Italianisenzacittadinanza di cui faccio parte, ne abbiamo più volte sottolineato l’importanza perché è la prima legge che stabilisce un percorso ad hoc per chi non è nato in Italia ma che in Italia è cresciuto, e che al momento per godere dei pieni diritti e non solo dei pieni doveri, deve dimostrare un reddito (anche se non è venuto in Italia a lavorare perché arrivato in tenera età) o sposarsi. Il che significa seguire esclusivamente gli stessi percorsi degli adulti immigrati per venire riconosciuto quello che già è: italiano».

«Noi seconde generazioni viviamo in un Paese che investe su di noi, istruendoci, educandoci, persino premiandoci, e poi inciampa sulla cosa più banale che si possa fare : rivedere le norme che disciplinano un particolare aspetto del nostro ordinamento giuridico al fine di non vanificare gli stessi investimenti fatti per anni su di noi. Le leggi si adattano alle istanze sociali, riconoscono i cambiamenti, li interpretano e li disciplinano. La legge non è eterna ed immutabile. Questa riforma delle disposizioni in materia di cittadinanza è una semplice integrazione all’attuale disciplina che risponde alla realtà sociale odierna.  Questa riforma è buon senso, è civiltà, è giustizia. Non lasciamoci trascinare dall’eterna propaganda di chi politicizza ogni cosa pur di accaparrarsi qualche voto. Perché di questo si tratta».