29 giu 2017

lo IUS SOLI spiegato da Ilham Mounssif

Nelle ultime settimane si è tanto parlato di IUS SOLI.
Ilham Mounssif, brillante studentessa 22enne di Bari Sardo (ma originaria del Marocco) e membro di Noi #italianisenzacittadinanza, tiene a fare chiarezza sull’argomento.

«Lo Ius Soli ( diritto del suolo) delinea un istituto giuridico per il quale chi nasce nel territorio di uno Stato ne è cittadino» spiega la studentessa sardo-marocchina «Negli ultimi tempi ha mandato in delirio milioni di italiani, chiamando ad esprimersi chiunque in merito, come fosse da decidere chi far vincere alla casa del Grande Fratello con un Si o No al televoto. Da quando siamo riusciti a far approdare in Senato il ddl 2092 che modifica le disposizioni in materia di cittadinanza, è scoppiato il caos più totale : articoli, talk show, tweet, post Facebook, foto del profilo pro o contro. Sembra l’Italia di 40 anni fa alle prese con la legge sul divorzio».

«Circolano troppe informazioni errate a riguardo, portando a conclusioni affrettate e giudizi inopportuni sulla riforma di cittadinanza» racconta Ilham «a partire proprio dall’espressione stessa. Per quanto immediato “ius soli” non è il giusto modo di chiamare questa riforma. Noi #italianisenzacittadinanza abbiamo chiesto che si usassero le giuste espressioni  (quali ius soli temperato, ius culturae o semplicemente riforma cittadinanza) ma il linguaggio mediatico ha deciso per noi, trascinando il dibattito nel vortice dei fraintendimenti. Infatti, la riforma alle disposizioni in materia di cittadinanza non prevede alcuno ius soli ma una sua forma temperata da rigidi criteri, proprio come nel resto d’Europa. Pertanto, smentiamo già una della grandi balle per cui « in Europa non esiste lo ius soli, non è il caso introdurlo da noi!». In Europa esiste lo ius soli temperato, e l’attuale riforma prevede proprio questo, né più né meno».

Ius soli temperato: di che si tratta? Diventeranno cittadini italiani alla nascita solo i bambini che nascono in Italia da genitori regolarmente residenti (almeno da 5 anni senza interruzioni) con permesso di soggiorno CE di lungo periodo (ex Carta di soggiorno) che si ottiene solo se si hanno precisi e numerosi requisiti. Con buona pace di chi sostiene la bufala dello “sbarco delle partorienti” ( per la quale “verranno tutti qui perché la cittadinanza sarà automatica”).

«Oltre allo ius soli temperato, la nuova legge introduce lo ius culturae per chi arriva in Italia entro il compimento dei 12 anni di età» afferma la giovane portavoce di #italianisenzacittadinanza «In questo caso prevede la frequenza di almeno un corso di studi in Italia (5 anni di scuola), con conclusione positiva. In entrambi i casi l’acquisizione della cittadinanza non è automatica, ma serve una richiesta inoltrata dal genitore (che deve avere una residenza legale), oppure dall’interessato entro due anni dal raggiungimento della maggiore età. Niente di scandaloso o fuori dal normale : quello che si chiede è una semplice integrazione alla normativa vigente che permetterà di “diventare” italiani a chi lo è già di fatto, in quanto nato e cresciuto qui in Italia».

«Si tratta di buon senso e civiltà, di togliere fuori dal “limbo sociale” migliaia di bambini e ragazzi figli di immigrati che sono parte integrante di questo paese, e non adulti o arrivi dell’ultim’ora».

«Un’altra grandiosa trovata propagandistica, grandiosa per la sua assurdità, é la fantomatica “sostituzione etnica” : gli italiani verrebbero sostituiti dai migranti dato che acquisire la cittadinanza nel nostro paese sarà facile ed automatico» conclude Ilham «Innanzitutto, i migranti non hanno nulla a che vedere con gli immigrati residenti da anni in Italia e in secondo luogo si tratta di numeri bassi, dati alla mano. Uno studio della Fondazione Moressa spiega infatti che nell’immediato, con l’introduzione dello ius soli temperato, potrebbero acquisire la cittadinanza italiana i figli di immigrati (con il famoso permesso di lungo periodo) nati in Italia dal 1998 che ad oggi sono circa 600mila. Con lo ius culturae, rientrerebbero nella riforma anche circa 178 mila alunni nati all’estero che abbiano già completato 5 anni di scuola in Italia. Considerando poi che i nati stranieri in Italia negli ultimi anni si sono attestati tra i 70 e gli 80 mila, si può prevedere il numero di beneficiari dei prossimi anni : mantenendo fissa la stima dei nati da genitori residenti da oltre 5 anni (65 per cento del totale), è possibile calcolare una quota di 45-50 mila potenziali nuovi italiani ogni anno per ius soli temperato e 10-12 mila bambini nati all’estero e iscritti a scuola. Numeri molto bassi per parlare di sostituzione etnica!».

Spesso abbiamo sentito sindacare sull’inutilità di questa legge (“A 18 anni si può fare richiesta di cittadinanza, per chi  è nato in Italia”). Ovviamente tanti non conoscono le difficoltà che si celano dietro questo apparente ‘automatismo’ : infatti, si deve dimostrare di aver risieduto “legalmente e ininterrottamente” in Italia per 18 anni, e nel frattempo, fino all’ottenimento della cittadinanza (cosa che può richiedere anche diversi anni), questi ragazzi non possono godere di alcuni diritti fondamentali come il diritto di voto, non possono partecipare ai concorsi pubblici o iscriversi ad alcuni albi professionali riservati ai cittadini italiani. «L’aspetto innovativo di questa riforma non é tanto lo ius soli temperato (che comunque tutelerà su molteplici fronti i bambini nati da genitori stranieri) ma lo ius culturae» ci racconta Ihlam «Insieme al movimento #Italianisenzacittadinanza di cui faccio parte, ne abbiamo più volte sottolineato l’importanza perché è la prima legge che stabilisce un percorso ad hoc per chi non è nato in Italia ma che in Italia è cresciuto, e che al momento per godere dei pieni diritti e non solo dei pieni doveri, deve dimostrare un reddito (anche se non è venuto in Italia a lavorare perché arrivato in tenera età) o sposarsi. Il che significa seguire esclusivamente gli stessi percorsi degli adulti immigrati per venire riconosciuto quello che già è: italiano».

«Noi seconde generazioni viviamo in un Paese che investe su di noi, istruendoci, educandoci, persino premiandoci, e poi inciampa sulla cosa più banale che si possa fare : rivedere le norme che disciplinano un particolare aspetto del nostro ordinamento giuridico al fine di non vanificare gli stessi investimenti fatti per anni su di noi. Le leggi si adattano alle istanze sociali, riconoscono i cambiamenti, li interpretano e li disciplinano. La legge non è eterna ed immutabile. Questa riforma delle disposizioni in materia di cittadinanza è una semplice integrazione all’attuale disciplina che risponde alla realtà sociale odierna.  Questa riforma è buon senso, è civiltà, è giustizia. Non lasciamoci trascinare dall’eterna propaganda di chi politicizza ogni cosa pur di accaparrarsi qualche voto. Perché di questo si tratta».

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