18 ott 2011

Rivoluzionari ad ore



E' il paradosso della globalizzazione quello dei rivoluzionari ad ore, a progetto, precari, del sabato pomeriggio, che abbiamo visto a Roma sabato 15 ottobre 2011. Il movimento degli indignati è a sua volta una forma di protesta figlia della globalizzazione che si nutre dei tempi e dei ritmi effimeri del web e dell'esibizionismo alla buona. Eppure le generazioni che si sono riversate nelle piazze del mondo hanno titolo, eccome se ce l'hanno, di protestare, di incazzarsi, di ribaltare e distruggere tutto. Loro sono le prime vittime su larga scala della finanza creativa e di un capitalismo selvaggio. Sono milioni di persone cui è stato letteralmente rubato il futuro e "regalato" un presente alienante, alla mercè del caporalato di giornata. Loro sono solo le prime vittime, le altre seguiranno, i prossimi venturi saranno quelli della mia generazione, solo di pochi anni più vecchi, ma che la fortuna di un posto fisso l'hanno avuta, ne hanno avuto la chance. Eppure anche noi abbiamo egoisticamente ciò di cui preoccuparci perchè (a patto di conservare il posto di lavoro) chi le pagherà le nostre di pensioni se i giovani d'oggi vengono sfruttati e sottopagati? Boh.
Ma per tornare al tema, quelle piazze piene mi fanno da un lato piacere, dall'altro una profonda tristezza perchè con facile gioco di parole sono piazze piene di vuoto. Questo bellissimo movimento morirà con i veloci tempi televisivi, massacrato dal voyeurismo di massa, perchè nessuno li sa aiutare questi giovani, nessuno è in grado di dare obiettivi concreti e realizzabili, nessuno ha una visione del domani. Il movimento si estinguerà e parcellizzerà in mille rivoli tra utopie e deliri di rivoluzioni impossibili, incapaci di immaginare un tempo ed un futuro diversi.
Nessuna idea all'orizzonte, nessun progetto politico, solo energia che girerà un po' a vuoto per poi esaurirsi. Un contenuto, qualcuno regali un contenuto.
Esplicativo di questo nichilismo ideale è il fenomeno dei rivoluzionari a ore che con retorica becera "hanno messo a ferro e a fuoco" il centro di Roma. Questi rivoluzionari parassiti assomigliano sempre più ai tifosi violenti del calcio, hanno bisogno di una copertura per rompere quattro automobili perchè mancano loro le idee, anche quelle minime, anche quelle sbagliate. Fanno la rivoluzione per un pomeriggio e poi s'accontentano, tornano a casa, raccontano le loro gesta a qualche giornalista pornografo e poi se ne vantano davanti ad un bicchiere, fino alla prossima partita, alla prossima manifestazione.

4 commenti:

il Russo ha detto...

Paradossalmente è un percorso più lineare, traversale e continuativo quello dei black-block e dei loro attuali nipotini: parte da Seattle sul finire del 20° secolo e ce lo ritroviamo, dopo essere passato attraverso Stoccolma, Genova e Copenaghen, a Roma nel secondo decennio del 21°...

silvano ha detto...

Come le partite Russo, come le partite. Si gioca di meno perchè Sky non deve vendere niente, ma mi sembrano sempre di più incazzati da stadio.

Ernest ha detto...

esatto, la rivoluzione non è a ore ma un processo continuo.

silvano ha detto...

Ernest,er pelliccia Trotzkij non l'ha letto...