27 mag 2008

Il lavoro nobilita l'uomo

Ecco una frase che non ha nessun senso e che pure ho sempre sentito sin da quando ero bambino.
Detta così, come l'ho sempre sentita, è un luogo comune, una sciocchezza che non significa niente.
Può assumere significato, buono o cattivo, se la si contestualizza. Pure le persone che amano ripeterla come una verità assoluta, sentendosi importanti, gonfiandosi come pavoni, sono quasi sempre gente o che non fa niente ma la bella vita.
Gli altri non la dicono: quelli che fanno un lavoro che non gli piace o mal pagato, ma che hanno la forza di lamentarsi della loro condizione, che protestano, si organizzano, lottano contro i soprusi; quelli che se ne stanno zitti e sopportano le piccole e grandi angherie quotidiane. Ci sono infine quelli che non parlano proprio per niente, gli invisibili che subiscono in silenzio e nel silenzio generale. Quelli che non hanno forza, non hanno voce, quelli che rimangono schiacciati e niente e nessuno li tira più fuori.









9 commenti:

Anonimo ha detto...

Ciao Silvano, che il lavoro nobilita l'uomo l'ho sempre considerato una grandissima stronzata. Il fine ultimo dell'umanità dovrebbe essere quello di liberarsi dalle inutili fatiche, e dedicarsi a cose più importanti, come ad esempio l'esplorazione dello spazio, che negli ultimi decenni ha visto un calo enorme, penso per colpa di un ristretto numero di persone, i potenti della Terra, che non hanno nessun interesse affinchè le cose cambino. La foto del bambino che cuce il pallone mi ha fatto ricordare che è da quando ho fatto il corso di ripresa e fotografia che ho in mente di fare un cortometraggio ad effetto trattando il tema dello sfruttamento minorile nel terzo mondo. Purtroppo mi manca il tempo, ma se un giorno mi riuscisse di realizzarlo, lo pubblicherò sul blog, e mi direte cosa ne pensate.

silvano ha detto...

Ciao Cesco, sto già aspettando il tuo cortometraggio. Intanto mi consolerei con una tua fotogallery. Ti ricordo che l'hai quasi promessa.
ciao.

Ishtar ha detto...

Sul lavoro ho un idea: fortuna chi ne fa uno che gli piace e lo soddisfa, chi è pagato per quello che fa e i bambini che possano studiare e crescere anzichè occuparsi di lavori per sussistenza, ovviamente sfruttati.
Io onestamente penso che il lavoro dovrebbe servire a vivere meglio e non vivere per il lavoro, ma se il lavoro ti piace?
Noto che sei stato di parola, sei stato più sintetico, ciao

silvano ha detto...

Hai visto? Se mi impegno riesco anche ad essere succinto. Se il lavoro ti piace è una grande fortuna. Ci sono dei lavori che permettono alla creatività del singolo di esprimersi. Peccato che interessino una esigua minoranza di persone.
ciao Ishtar, buona giornata.
silvano.

emma ha detto...

io penso di essere una privilegiata, faccio un lavoro che mi piace, che mi permette di confrontarmi con altri, che mi dà tempo e modo di pensare. Quando vedo immagini come queste mi vergogno e mi sento in colpa perchè io ho potuto scegliere, loro no. Non vivo per il lavoro, ma il lavoro mi aiuta a vivere meglio. Dovrebbe essere così sempre sono d'accordo con Ishtar.
ciao, emma

Anonimo ha detto...

Naturalmente avere un lavoro gratificante è una bella cosa, e solo in quel caso si può dire che è nobilitante. Il problema è che dovrebbe essere gratificante per tutti, ma non lo è affatto. Una persona dovrebbe sentirsi appagata dal suo lavoro, ma questo succede solo a pochi, a causa del sistema di gestione del lavoro in Italia. Gli "uomini cacciavite", ovvero gli operai di catena di montaggio, categoria alla quale ho fatto parte anch'io, non credo siano molto appagati.

Anna ha detto...

Posso solo dire che il mio lavoro mi piace, per fortuna, e che cerco di rendere piacevole anche quello delle persone che ho accanto, soprattutto nel rispetto totale dei loro diritti.
Poi il lavoro che sfrutta, quello che uccide, quello che umilia la dignità dell'individuo è altro discorso.Lì mi scatta solo la rabbia. Ed il senso di impotenza.

Alligatore ha detto...

A me quella frase ricorda molto un'altra tristemente famosa: Arbeit macht frei.

Donna Cannone ha detto...

Ciao. Dipende da che punto di vista la si osserva.
Forse deriva dalla relgione calvinista?
Secondo me, va intesa in senso più lato. Il lavoro come istituzionalizzazione del talento umano. Andando proprio all'origine, da quando l'uomo ha imparato a usare il fuoco, fondere il fero, incidere il legno - e si sono costruiti via via dei ruoli sociali che - soprattutto un tempo, forse, avevano un valore. In questo senso si può intendere che piuttosto di una vita oziosa e non saper fare alcunchè, un senso nella vita è mettere a frutto le proprie doti - affinchè anche gli altri possano goderne.
Oggi, in Italia poi a livelli molto fotri (cfr statistiche ISTAT di ieri!) è quantomeno ANACRONISTICA. Sono gli stipendi da fame, il mercatod el lavoro reso un FORO BOARIO a togliere dignità alle persone.
Ciao