A volte penso che la tifoseria verde-oro, ossia il Brasile intero, non riesca a digerire la sconfitta del Sarriá. Quel 3 a 2 imposto alla selezione brasiliana dall’Italia di Paolo Rossi nel Mondiale del 1982. È un conto in sospeso con la squadra azzurra. Che, tra l’altro, potrebbe essere campione del mondo per la quinta volta al posto del Brasile se Roberto Baggio avesse segnato quel rigore nel 1994.
Sottolineo che il calcio non ha per me l’importanza che assume agli occhi della maggioranza dei compatrioti, anche se mi piace assistervi, quando ben giocato, a mio intendere (come brasiliano, mi considero uno specialista). Nasce qui un contenzioso con l’Italia che trascende le dimensioni del campo. Trovo che sia una scusa inutile per tanti risentimenti pretenziosamente nascosti.
Molto più importante, sempre a mio intendere, è un’altra situazione, che mostra in questo preciso momento un chiaro vantaggio brasiliano. Si tratta di confrontare la popolarità del presidente Lula con quella del premier Silvio Berlusconi, protagonista di un ulteriore episodio di risonanza mondiale che Carta Capital illustra in questa edizione, a pagina 44.
Dove ha origine il massiccio consenso per Lula? Per la disperazione dei media brasiliani, dall’identificazione tra il presidente e il suo popolo, ammaliato dall’ascesa di un suo uguale, un ex tornitore meccanico di irresistibile simpatia.
Dove ha origine la popolarità di Berlusconi, per ora assestata a circa il 75%? L’Italia di oggi è uno dei sette paesi più ricchi del mondo e da questo punto di vista i confronti con il Brasile non calzano. Ma non per questo si rilevano punti a favore della Penisola. È proprio il contrario.
L’odio di classe, da queste parti, è proprio della minoranza. E che la maggioranza veda in Lula il suo migliore rappresentante è assolutamente naturale. Oggi in Italia, con i suoi 3 mila anni di storia, la grande maggioranza fa parte di quello strato che chiameremmo classe media, qualcosa intorno al 70% della popolazione. È questo il fatto grave.
Infatti la maggioranza degli italiani si identifica con un politico che governa per il proprio interesse e con il cittadino più ricco del paese, un imprenditore senza scrupoli, sottoposto a innumerevoli processi dai quali si salva grazie a leggi promulgate a favore suo e di quello dei suoi protetti. Senza contare l’esibizionismo da nuovo ricco che si atteggia a Casanova, le gaffes internazionali e i comportamenti imbarazzanti in tutte le circostanze. In questo campo, il Brasile di Lula vince per 10 a 0.
Articolo originale pubblicato in Brasile l'8 maggio 2009
Sottolineo che il calcio non ha per me l’importanza che assume agli occhi della maggioranza dei compatrioti, anche se mi piace assistervi, quando ben giocato, a mio intendere (come brasiliano, mi considero uno specialista). Nasce qui un contenzioso con l’Italia che trascende le dimensioni del campo. Trovo che sia una scusa inutile per tanti risentimenti pretenziosamente nascosti.
Molto più importante, sempre a mio intendere, è un’altra situazione, che mostra in questo preciso momento un chiaro vantaggio brasiliano. Si tratta di confrontare la popolarità del presidente Lula con quella del premier Silvio Berlusconi, protagonista di un ulteriore episodio di risonanza mondiale che Carta Capital illustra in questa edizione, a pagina 44.
Dove ha origine il massiccio consenso per Lula? Per la disperazione dei media brasiliani, dall’identificazione tra il presidente e il suo popolo, ammaliato dall’ascesa di un suo uguale, un ex tornitore meccanico di irresistibile simpatia.
Dove ha origine la popolarità di Berlusconi, per ora assestata a circa il 75%? L’Italia di oggi è uno dei sette paesi più ricchi del mondo e da questo punto di vista i confronti con il Brasile non calzano. Ma non per questo si rilevano punti a favore della Penisola. È proprio il contrario.
L’odio di classe, da queste parti, è proprio della minoranza. E che la maggioranza veda in Lula il suo migliore rappresentante è assolutamente naturale. Oggi in Italia, con i suoi 3 mila anni di storia, la grande maggioranza fa parte di quello strato che chiameremmo classe media, qualcosa intorno al 70% della popolazione. È questo il fatto grave.
Infatti la maggioranza degli italiani si identifica con un politico che governa per il proprio interesse e con il cittadino più ricco del paese, un imprenditore senza scrupoli, sottoposto a innumerevoli processi dai quali si salva grazie a leggi promulgate a favore suo e di quello dei suoi protetti. Senza contare l’esibizionismo da nuovo ricco che si atteggia a Casanova, le gaffes internazionali e i comportamenti imbarazzanti in tutte le circostanze. In questo campo, il Brasile di Lula vince per 10 a 0.
Articolo originale pubblicato in Brasile l'8 maggio 2009
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