18 feb 2010

Il buon samaritano può donare un rene?


Non ho competenze specifiche o specialistiche su questo nuovo fenomeno dei cosiddetti samaritani della donazione d’organi che sta cominciando a manifestarsi anche in Italia.
E però mi incuriosisce ed appassiona l’idea di poter avere una discussione in rete su questo tema.
E’ un terreno spinoso, difficile, controverso.
A dir la verità ho solo domande da pormi e da porre.
Fino a che punto è lecito disporre socialmente del proprio corpo?
Certo nel mio privato nulla mi impedisce nei fatti, sino a che sono autosufficiente, di fare del mio corpo tutto ciò che voglio sia la cosa lecita o meno.
Ma nel sociale, nell’interazione con gli altri fino a che punto si può disporre del proprio corpo della propria vita, e gli altri fino a che punto possono accettarlo?
L’automutilazione di per sé mi sembrerebbe un chiaro sintomo di una malattia psichica, ma se accertato che alcuna malattia psichica o disagio psicologico sottende un puro atto di altruismo, di amore disinteressato verso il prossimo, è allora lecito donare un organo, come ad esempio un rene, che permetterebbe al donatore/samaritano di proseguire la sua vita con una buona qualità ed al contempo di salvare la vita del prossimo?
Ovvio che nel caso il samaritano volesse donare un organo di per sé vitale, ad esempio il cuore, il problema non si porrebbe, sarebbe socialmente inaccettabile, ma nel caso di un rene?
E se qualcuno poi si spingesse più in là e volesse donare un occhio o entrambi gli occhi?
Il samaritano è assimilabile all’eroe che in guerra o in una situazione drammatica dona la propria vita per salvare quella della degli altri, raggiungendo in un certo senso l’apice della capacità e delle qualità umane?
Oggi è ancora possibile amare in modo estremo il prossimo? O qualche legge e regolamento lo dovrebbe impedire?
Questi samaritani che cosa sono? Che cosa ne pensate?

Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui. Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno. Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?». Quegli rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va' e anche tu fa' lo stesso»

4 commenti:

Bastian Cuntrari ha detto...

Nel settembre scorso ci siamo tutti commossi per la storia di quel papà che ha donato un rene al proprio bimbo. Quindi, tra consanguinei, è un "atto d'amore" lecito.
Perché non dovrebbe essere consentito tra estranei? Anzi: sarebbe segno di un amore assolutamente disinteressato e - per questo - ancor più apprezzabile.

silvano ha detto...

Tra consanguinei la cosa è già normale e praticata in effetti, ma non è così spiazzante come tra persone che non si conoscono. Che sia perchè un atto d'altruismo del tutto disinteressato non è più concepibile nella nostra società?

dario ha detto...

Dunque.
Innanzitutto secondo me bisogna vedere perche' lo si dona, 'sto rene. Cioe', vorrei mai che dietro sta storia ci sia una vendita di organi. Io non credo che sia accettabile, nella nostra societa', che uno venda un proprio rene.

Secondo me (e questo non l'ho capito, francamente) bisogna vedere come avviene la donazione. In generale, credo, non c'e' contatto tra il donatore (di sangue, midollo osseo, organi) o la sua famiglia. Nel senso che chi dona non sa a chi sta donando.
Ecco, quello che secondo me sconvolge e' che il donatore decida di mettere a rischio la propria esistenza automutilandosi senza nemmeno sapere a chi questo possa giovare, perche' la donazione e' un atto morale che viene giustificato con la morale del donatore. Mi spiego.
Supponiamo che si comunichi al donatore samaritano che il primo in lista d'attesa per il suo rene sia un pluriomicida confesso nel braccio della morte. Accetterebbe comunque di donare il proprio rene?
E la societa' accetterebbe che a questo puro di spirito venga sottratto un rene per darlo a un tipo cattivo che per giunta lo potra' utilizzare per poco perche' poi sara' ammazzato lo stesso?

Io dico di no. Ma chi diavolo sono io per imporre la mia morale sulla societa'?

Per quanto mi riguarda, io di reni ne ho due e due me ne tengo. Poi, quando non mi serviranno piu' (cioe' quando moriro'), saro' ben felice di darli a chi ne ha piu' bisogno, anche se fosse uno stupratore di neonati.

Maurizio Pratelli ha detto...

si fa fatica, nella nostra società, ad accettare l'idea del dono disinteressato. E credo non sia tanto strano che si sia affermato questo pensiero, neppure lui, sempre onesto.