Ci sono da salvare almeno 10 album in chiusura del primo decennio del nuovo millennio?
Ci si prova e allora: classifiche, classifiche, classifiche. Che bello, piccoli prontuari musicali fatti in casa con piccoli e grandi sforzi. Nel mio personale elenco mi son dato l'unica regola di non citare più di un album per artista. Per il resto libertà.
1)“69 love songs” dei Magnetic Fields che altri non sono se non il genio di Stephen Merritt accompagnato da un gruppo di validi musicisti che suonano quel poco che non suona direttamente lui. Un triplo cd con 23 canzoni cadauno. Una miniera di idee, accennate, svolte, un album che delizia il pubblico e che è una fonte d'ispirazione per musicisti di ogni genere. Il genio di Merritt non si preoccupa dell'iperproduzione; in un unico album ci sono così tante e così varie canzoni che potrebbero bastare per l'intera carriera di qualunque altro musicista. Il genio è una fonte d'acqua inesauribile. Volendo fargli una critica, propria questa gli si potrebbe fare: troppa carne al fuoco. Ma d'altro lato sarebbe ingenerosa a fronte di tanta inventiva e amore per la musica. Un amore che non stanca, posso assicurare che le sue canzoni rimangono vive e fresche anche dopo centinaia di ascolti.
2)“Pearl Jam – Live at the Gorge 05 – 06” - Pearl Jam. Questo sontuoso – esagerato - innamorato tributo al Rock and Roll, questo settuplo (si dice così 7 CD?) live dei Pearl Jam non è raccontabile con le parole. E' un atto d'amore per il rock, il loro personale tributo alla sua storia. Devastante, lirico, ruvido ...non ci sono aggettivi sufficienti. Dentro c'è una gran parte del loro repertorio originale e poi una serie di classici tra i quali il Neil Young di Rockin' in the free World e gli Who di Baba o Riley. Omaggi commossi e grintosi di Eddie Vedder a suoi due maestri.
3)Arriviamo al Boss del 2000. Qui la scelta si fa difficile. Avrei almeno tre album di Springsteen da mettere in fila. La regola stabilita (un solo album per artista) me lo impedisce. Però non è colpa mia se Springsteen ha fatto tre capolavori nel decennio: “The Rising”, l'iper sottovalutato “Devils and Dust” e le “Seeger Sessions”. Il mio cuore direbbe “The Rising” il miglior album con la E Street dai tempi di Born in The USA, ma l'album ha avuto tutto il successo che meritava e non ha certo bisogno di altri riconoscimenti, tanto meno del mio. La ragione allora direbbe “The Seeger Sessions”: un grande lavoro alla riscoperta del folk delle radici di uno dei grandi maestri Pete Seeger (l'altro è Woody Guthrie) che hanno ispirato sia Dylan, sia Springsteen. Anche questo album ha avuto i suoi riconoscimenti in ispecie di critica. Resta allora solo il brutto anatroccolo “Devils and Dust”. Proprio questo è l'album che scelgo. Un grande disco cantautorale d'altri tempi. Cupo, pessimista. Un Bruce adulto che qui arriva con il suo mood ad avvicinare ed affiancare il miglior Dylan. Musica d'autore americana al massimo livello.
4)“Trouble Bound” - The Blasters. Mentre scrivo dei fratelli Alvin e di Bazz, Bateman, e Taylor, guardo appoggiata qui in fianco al pc la bacchetta autografatami da Bateman dopo il concerto di Chiari nell'estate 2003. E che emozione, ancora oggi, averli visti dal vivo almeno una volta. Concerto indimenticabile. Inutile dire che ritrovo quell'energia intatta nel disco che ho scelto e che fu registrato nel 2002 dal vivo all'House of The Blues di Los Angeles. Procuratevelo e ascoltatelo. Pure R'n'R da parte di un gruppo di super musicisti che immeritatamente stanno fuori dai grandi giri dello starsystem.
5)“Twelve” - Patti Smith. Nei dieci non può mancare un album di cover. Ma quando l'interprete è Patti Smith parlare di cover nel senso classico perde ogni significato o forse lo assume. Siamo circondati in questi anni da tonnellate di album di cover, rifacimenti fatti senza alcun senso artistico o senza alcun senso del tutto. In Twelve Patti invece ci regala un vero reading poetico che spazia da Hendrix ai Stevie Wonder, dai Beatles ai Rolling Stones, da Paul Simon a Bob Dylan e ancora Tears For Fears, Neil Young, Jefferson Airplane, The Doors, Kurt Cobain, Allman Brothers. Può bastare? Una canzone su tutte? Provate ad ascltare la stupenda Changing Of The Guards del Maestro e poi vedete se non vi cambia il senso della giornata.
La settimana prossima gli altri cinque album (post troppo lungo).
Ci si prova e allora: classifiche, classifiche, classifiche. Che bello, piccoli prontuari musicali fatti in casa con piccoli e grandi sforzi. Nel mio personale elenco mi son dato l'unica regola di non citare più di un album per artista. Per il resto libertà.
1)“69 love songs” dei Magnetic Fields che altri non sono se non il genio di Stephen Merritt accompagnato da un gruppo di validi musicisti che suonano quel poco che non suona direttamente lui. Un triplo cd con 23 canzoni cadauno. Una miniera di idee, accennate, svolte, un album che delizia il pubblico e che è una fonte d'ispirazione per musicisti di ogni genere. Il genio di Merritt non si preoccupa dell'iperproduzione; in un unico album ci sono così tante e così varie canzoni che potrebbero bastare per l'intera carriera di qualunque altro musicista. Il genio è una fonte d'acqua inesauribile. Volendo fargli una critica, propria questa gli si potrebbe fare: troppa carne al fuoco. Ma d'altro lato sarebbe ingenerosa a fronte di tanta inventiva e amore per la musica. Un amore che non stanca, posso assicurare che le sue canzoni rimangono vive e fresche anche dopo centinaia di ascolti.
2)“Pearl Jam – Live at the Gorge 05 – 06” - Pearl Jam. Questo sontuoso – esagerato - innamorato tributo al Rock and Roll, questo settuplo (si dice così 7 CD?) live dei Pearl Jam non è raccontabile con le parole. E' un atto d'amore per il rock, il loro personale tributo alla sua storia. Devastante, lirico, ruvido ...non ci sono aggettivi sufficienti. Dentro c'è una gran parte del loro repertorio originale e poi una serie di classici tra i quali il Neil Young di Rockin' in the free World e gli Who di Baba o Riley. Omaggi commossi e grintosi di Eddie Vedder a suoi due maestri.
3)Arriviamo al Boss del 2000. Qui la scelta si fa difficile. Avrei almeno tre album di Springsteen da mettere in fila. La regola stabilita (un solo album per artista) me lo impedisce. Però non è colpa mia se Springsteen ha fatto tre capolavori nel decennio: “The Rising”, l'iper sottovalutato “Devils and Dust” e le “Seeger Sessions”. Il mio cuore direbbe “The Rising” il miglior album con la E Street dai tempi di Born in The USA, ma l'album ha avuto tutto il successo che meritava e non ha certo bisogno di altri riconoscimenti, tanto meno del mio. La ragione allora direbbe “The Seeger Sessions”: un grande lavoro alla riscoperta del folk delle radici di uno dei grandi maestri Pete Seeger (l'altro è Woody Guthrie) che hanno ispirato sia Dylan, sia Springsteen. Anche questo album ha avuto i suoi riconoscimenti in ispecie di critica. Resta allora solo il brutto anatroccolo “Devils and Dust”. Proprio questo è l'album che scelgo. Un grande disco cantautorale d'altri tempi. Cupo, pessimista. Un Bruce adulto che qui arriva con il suo mood ad avvicinare ed affiancare il miglior Dylan. Musica d'autore americana al massimo livello.
4)“Trouble Bound” - The Blasters. Mentre scrivo dei fratelli Alvin e di Bazz, Bateman, e Taylor, guardo appoggiata qui in fianco al pc la bacchetta autografatami da Bateman dopo il concerto di Chiari nell'estate 2003. E che emozione, ancora oggi, averli visti dal vivo almeno una volta. Concerto indimenticabile. Inutile dire che ritrovo quell'energia intatta nel disco che ho scelto e che fu registrato nel 2002 dal vivo all'House of The Blues di Los Angeles. Procuratevelo e ascoltatelo. Pure R'n'R da parte di un gruppo di super musicisti che immeritatamente stanno fuori dai grandi giri dello starsystem.
5)“Twelve” - Patti Smith. Nei dieci non può mancare un album di cover. Ma quando l'interprete è Patti Smith parlare di cover nel senso classico perde ogni significato o forse lo assume. Siamo circondati in questi anni da tonnellate di album di cover, rifacimenti fatti senza alcun senso artistico o senza alcun senso del tutto. In Twelve Patti invece ci regala un vero reading poetico che spazia da Hendrix ai Stevie Wonder, dai Beatles ai Rolling Stones, da Paul Simon a Bob Dylan e ancora Tears For Fears, Neil Young, Jefferson Airplane, The Doors, Kurt Cobain, Allman Brothers. Può bastare? Una canzone su tutte? Provate ad ascltare la stupenda Changing Of The Guards del Maestro e poi vedete se non vi cambia il senso della giornata.
La settimana prossima gli altri cinque album (post troppo lungo).
8 commenti:
Twelve: Uno dei più dei album di cover di tutti i tempi!
E vai Silvano di classifica!Era ora!Grande!
dalla tua classifica si deduce facilmente che non sei stato un grande fan dell'ultimo decennio :)
il disco dei magnetic fields infatti è del 1999 e gli altri artisti che citi non sono proprio dei novellini appena venuti fuori.. aspetto con curiosità gli altri 5
D'accordo con te sul Boss. Devil and Dust è il suo album più bello degli ultimi 5 anni.
Ciao Marco veramente è del 2000 (da disco) anche se in rete lo si trova datato 1999...e poi aspetta gli altri 5 album (a dir la verità ci hai cmq indovinato a grandi linee).
;)
di patty mi terrei trampin, gran disco di cover twelve ma pur sempre di cover, con il boss invece mi butto sulle cover session, anche per il concerto di milano. I Blasters.... ho visto mille volte dave alvin, ma loro nemmeno a chiari, argh!
uffa così mi viene l'ansia
Patti Smith è prodotto male. Non c'è sezione ritmica e non c'è groove: le canzoni partono con un bel sound ma non vanno da nessuna parte... peccato, perché è un disco di fascino.
Devil & Dust è il disco dimenticato di Bruce. Io non lo ricordo mai.
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